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David Lama – intervista dopo la Via del Compressore sul Cerro Torre

Posted on August 24, 2019

Intervista all’alpinista austriaco David Lama dopo la prima libera della Via del Compressore sul Cerro Torre, effettuato tra il 20 e il 21 gennaio assieme a Peter Ortner.

E’ stato un Gennaio a dir poco particolare per la Patagonia, soprattutto per due avvenimenti successi sulla famosa via del Compressore sul Cerro Torre. Il primo è la salita (5 spit usati più un tratto di A2) degli statunitensi Hayden Kennedy e Jason Kruk a cui è seguita la loro schiodatura di gran parte della via di Cesare Maestri – un fatto che ha scosso e mosso il mondo dell’alpinismo come poche volte è successo. Il secondo avvenimento è arrivato, pochi giorni dopo, con l’ambita prima libera della stessa via da parte dell’austriaco David Lama e del suo amico Peter Ortner. Lama, subito dopo la salita, aveva già fornito i primi dettagli su Facebook. Mentre in un secondo aggiornamento apparso sul suo sito la settimana scorsa aveva precisato il materiale usato (due mezze corde, un set e mezzo di friends, nove nut, quattro chiodi da ghiaccio, alcuni chiodi da roccia, quattro rinvii, cinque fettucce, due leggeri sacchi a pelo, un materasso isolante, un fornello, un gas ed alcune barrette). Inoltre il giovane climber austriaco aveva precisato come nelle loro varianti alla via originale avessero affrontato lunghi run-outs, sull’ultimo tiro addirittura fino a 20 metri sopra l’ultima protezione buona.
Evidentemente si tratta di una performance “pesante” avvenuta, bisogna ricordare, dopo non poche polemiche che hanno visto Lama coinvolto in prima persona per gli spit piantati e il materiale lasciato in parete dal suo team nel 2009. Ora però, tre anni dopo, il famoso vento della Patagonia è stato benevolente e ha ripagato l’approccio diverso e ultra-leggero di David Lama e Peter Ortner.

David Lama, iniziamo con le informazioni generali: la partenza, la salita, la cima.
Il 19 gennaio abbiamo raggiunto il bivacco Nipo Nino. Il 20 siamo saliti fino al Col de la Paciencia e abbiamo riposato qui alcune ore. Poi alle 13:00 abbiamo iniziato la scalata e abbiamo raggiunto l’inizio delle Iced Towers, dove abbiamo bivaccato. Alle 6:00 della mattina successiva siamo ripartiti e alle 13:00 eravamo in cima.

Raccontaci in dettaglio la linea che avete seguito.
Fino al “Bolt Traverse”, il traverso spittato, abbiamo seguito la linea originale. Poi però abbiamo continuato dritti, a sinistra della fessura di Salvaterra lungo la cresta sudest, per raggiungere le Iced Towers. Qui abbiamo seguito ancora una volta la Via del Compressore, tranne per una lunghezza per raggiungere la Headwall.

E nella headwall come è andata?
Per i primi tre tiri della Headwall abbiamo seguito la linea originale di Cesare Maestri. Qui mancavano gli spit ovviamente, e siamo stati costretti a piazzare protezioni dietro lame vuote, a volte friabili ma con questo non vorrei lamentarmi ora – ha funzionato anche senza gli spit. Poi, circa 20 metri al di sotto del Compressore, abbiamo attraversato a destra per seguire un un sistema di lame e fessure, e dopo alcune sezione lisce abbiamo raggiunto la cima.

Per caso, per la libera, hai usato i buchi lasciati dalla schiodatura 😉
No, anche se non ho le dita molto grandi, in quei buchi non ci starebbero 😉

Con che stile avete affrontato la via? Sei sempre salito da primo?
Siamo saliti alternando sempre il capo cordata fino al Bolt traverse, poi da lì ho tirato io i difficili tiri fino alle “Iced Towers”. La mattina successiva abbiamo continuato dandoci il cambio fino all’inizio della Headwall, poi sono salito io da capo cordata fino in cima. Peter mi ha sempre seguito arrampicando, ogni tanto si è appeso alla corda e si è tirato su. Bisogna ricordare che nei tiri difficili portava anche lo zaino, quindi mi ha supportato al massimo.

Come hai protetto la salita?
Abbiamo principalmente usato nuts e friends e ogni tanto ho piantato un chiodo. Siamo riusciti ad evitare di piantare spit.

Dove sono le difficoltà maggiori?
Il tiro chiave è aggirare il “Bolt Traverse”. Credo sia circa 8a, ma più ci rifletto, più mi sembra ancora più difficile. Forse un giorno qualcuno cercherà di nuovo di salire la via in libera fino in cima, così avremo un secondo parere. Detto questo, in realtà la difficoltà del tiro chiave riflette poco le vere difficoltà di una salita in libera sul Torre – per questo bisogna saper fare molto di più che semplicemente salire l’8a.

Com’è stato il meteo?
In questa stagione c’è stata poca pioggia, e di conseguenza non c’era molto ghiaccio sulle pareti. Quando siamo arrivati le condizioni per l’arrampicata in libera erano super, e un paio di giorni dopo anche il tempo era giusto. Sapevamo che non sarebbe migliorato ulteriormente, allora dovevamo riuscire!

Non era la tua prima volta al Torre. Rispetto agli altri tentativi, cosa c’è stato di diverso…?
Quest’anno tutto è filato liscio, tutti i vari fattori si sono uniti alla perfezione. Peter e io avevamo salito molte vie nelle Alpi durante tutto l’anno ed eravamo allenati. Avevamo preparato il nostro materiale perfettamente e abbiamo avuto una buona tattica di progressione. Quando quest’anno sono arrivato a El Chalten, sapevo già che se in qualche modo non fossi riuscito, allora forse non sarei mai più riuscito.

Cos’è stata la cosa più difficile? E quella più facile?
La parte più difficile è stato probabilmente non perdere di vista il focus, l’attenzione verso questo progetto che è durato tre anni. Davanti ai tuoi occhi hai un obiettivo apparentemente irraggiungibile, e puoi notare ben pochi progressi tangibili perché sei esposto in maniera così forte alle condizioni della via e del meteo. Detto questo, la cosa più semplice e stata prendere la decisione, dopo i tentativi falliti, di ritornare in Patagonia e riprovare nuovamente.

Ultima domanda: è la fine della tua personale storia con il Cerro Torre?
Il mio progetto di salire la via in libera ora è completato. Ma in Patagonia ci sono innumerevoli splendide montagne e anche il Cerro Torre ha ancora delle grandi linee che non aspettano altro che essere salite.

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